mercoledì 31 dicembre 2014

I danni dell'eccessiva precocizzazione

Uno dei motivi che (mi/ci) spingono alla critica dei modelli femminili mainstream che vengono presentati alle bambine è che essi le inducono ad un'eccessiva precocizzazione, portandole ad indentificarsi già a sei, sette o nove anni con adolescenti o giovani fanciulle che pensano, agiscono e parlano come, appunto, adolescenti e giovani fanciulle. Questi modelli presentano alle bambine un universo per cui non sono ancora pronte né fisicamente, né psicologicamente, un'universo fatto di amore, di cotte, di infatuazioni, di rivalità femminile, di fidanzati, di trucchi, di abiti all'ultima moda.
Ne avevo parlato qui, facendo riferimento a una nota telenovela in voga fra le bambine.

Uno/a psicologo/a potrà spiegarvi molto meglio di me perché l'eccessiva precocizzazione (ossia lo spingere le bambine ad assumere atteggiamenti adolescenziali) sia dannosa e metta a repentaglio uno sviluppo armonioso della loro persona. Tutto quello che posso dire io, usando della semplice logica, è che mi sembra logico, appunto, che ogni età abbia i suoi tempi, le sue scoperte ed i suoi mezzi per farle e che una continua pressione in avanti (avanti dove poi?) abbia come conseguenza la perdita di qualcosa di fondamentale, ossia la perdita della possibilità di costruire le fondamenta per l'edificazione della nostra persona e del nostro io. Fondamenta che dovrebbero essere "installate" proprio nella nostra infanzia. Questa precocizzazione spesso causa, se non dei veri e propri traumi, sicuramente molto stress (è incredibile il quantitativo di stress a cui vengono sottoposte le bambine). Insomma, posso dire solo questo.
E posso raccontarvi una storia.

E' una storia di cotte e di forzature, una storia che ha come protagonista mia sorella. Mia sorella, che in questo racconto chiamerò - per ragioni a me note - Lily, a 10/11 anni aveva un amico. In realtà era un amico di entrambe, perché faceva parte di un gruppetto di bambini/ragazzini che frequentavamo entrambi. L'Amico era uno di quei bambini che amano attirare l'attenzione su di sé con scherzi, battute e comportandosi generalmente da "maialini", motivo per cui non godeva di particolare stima fra il genere femminile, nonostante ciò l'Amico era anche simpatico, altrimenti non sarebbe stato nostro amico e a un certo punto della nostra storia, Lily e l'Amico presero a passare parecchio tempo insieme, a ridere molto e a lanciarsi qualche sguardo furtivo. Lily e l'Amico si erano innamorati.
Ma come? Direte forse voi Non vorrai forse dirci che sono questi i temutissimi danni della precocizzazione delle bambine, una cotta fra bambini. Non lo sai che è perfettamente normale per degli undicenni sperimentare l'innamoramento, avere una persona con cui stanno particolarmente bene, sentire il cuore che batte, le guance arrossate e comprendere che questa emozione è qualcosa che non è esattamente "amicizia", ma è qualcosa d'altro? Vuoi impedire ai bambini la scoperta dell'amore? No, non voglio impedire ai bambini proprio un bel niente, adesso ascoltatemi senza interrompere perché so bene anche io che un innamoramento non c'entra con i modelli femminili precocizzanti e fin qui, nella storia, non c'è nulla di sbagliato o di dannoso.
Dunque, Lily e l'Amico si erano innamorati, si sedevano quasi sempre vicini e si sorridevano sempre. Accadde pure che un giorno l'Amico, colto da un improvviso attacco di galanteria, le portò in regalo un orrendo peluche comprato in qualche cartoleria che ancora (r)esiste da qualche parte a casa nostra. Nonostante la sua palese bruttezza, a Lily piacque tanto e lo posizionò sul comodino accanto al letto. Ciò che invece non piaceva a Lily era sentirsi chiedere costantemente da adulti e bambini: <<ma siete fidanzati? Ma state insieme? Ma è il tuo ragazzo?>> anzi a dire la verità lo detestava, perché lei non sapeva se l'Amico fosse il suo ragazzo o no e non ci voleva nemmeno pensare, non le importava molto della parola "fidanzato", lei voleva solo passare del tempo con l'Amico come avevano sempre fatto, come stavano continuando a fare, voleva giocare con lui, raccontare barzellette, magari appoggiargli addirittura la testa sulla spalla, senza che nessuno ci mettesse il becco. Perlomeno, la madre di Lily, che capiva perfettamente lo stato d'animo della figlia si guardava bene dal farle queste domande e persino suo padre (il canzonatore della famglia) mostrò un tatto inusitato. Per quanto riguarda la sorella maggiore, meno si parlava dell'argomento e meglio era, perché a dirla tutta era anche un po' gelosa che l'Amico le stesse "portando via" sua sorella. Insomma, Lily e l'Amico erano felici e tutto sarebbe potuto andare avanti così per molto tempo e forse (ma non si può mai sapere, quando si parla di faccende di cuore, come diceva un libro che leggevo da piccola) quando sarebbe finito l'idillio, sarebbe rimasto comunque il bel ricordo, ma non andò così, altrimenti io non avrei nulla da raccontare sui danni della precocizzazione.
Lily, oltre all'Amico, aveva anche un'amica, una delle sue poche amiche femmine a dire la verità. Questa amica, spinta probabilmente anche dal "bel" clima che si respirava in quel postaccio di scuola dove erano confinate, lei, Lily e la di lei sorella, dove all'intervallo i bambini avevano preso la bella abitudine di appostarsi vicino alla coppietta della settimana per spingerli a baciarsi pubblicamente, disse a Lily senza tanti complimeni che lei e l'Amico dovevano baciarsi, un bacio vero, come quelli che si danno gli adulti. Di tutte le cose che Lily voleva fare con l'Amico, baciarlo come fanno gli adulti era tra le ultimissime, perciò la bambina procrastinava e procrastinava. Purtroppo, nel giro di poco tempo a incalzare con la tiritera del "dovete baciarvi come fanno gli adulti" si aggiunsero anche le amiche in comune di Lily e di sua sorella e, anzi, tanto fecero, che decisero pure dove dovevano darselo, questo benedetto bacio, su una panchina, logicamente, il trono di tutti gli innamorati. Gli adulti, intanto, continuavano a sdilinquirsi e a lanciare gridolini e risatine ogni volta che vedevano l'Amico e Lily passare, neanche stesse arrivando l'auto degli sposi e tutti erano così insistenti e non la finivano più di dire che dovevano baciarsi su quella maledetta panchina, un bacio con la lingua e Lily era sempre più irritabile, sempre più triste, sempre più scontenta. Perché non la lasciavano in pace? Perché non poteva semplicemente camminare al fianco dell'Amico (che cominciava a sentirsi imbarazzato quasi quanto lei), magari dargli la mano e occasionalmente, quando non gli vedeva nessuno, un leggero bacetto sulla guancia? Perché non potevano giocare a nascondino o a pallavolo con gli altri e pensare a che regalo si sarebbero fatti per il compleanno? Perché avevano dovuto rovinare tutto?
Andò a finire che un pomeriggio Lily ce lo portò l'Amico su quella benedetta panchina e lo lasciò, perché stava era diventato tutto troppo difficile e se qualcuno, adulto o bambino, le avesse ancora parlato di baci, panchine e compagnia bella, si sarebbe messa a piangere dalla stizza. Questo però non lo disse all'Amico, perché non trovò le parole e così il bambino, messo semplicemente davanti al fatto che la sua amica del cuore non solo lo stava ufficialmente lasciando, ma credeva pure fosse meglio che non fossero più nemmeno tanto amici, prima si arrabbiò, poi pianse, poi addirittura telefonò a Lily per chiederle di tornare ad essere quello che erano prima, quella cosa che forse non aveva un nome, ma che era tanto bella e piacevole, come una coperta calda, ma Lily fu irremovibile.

Fu così che mia sorella perse l'amico del cuore di cui era innamorata ed io imparai molto tempo dopo che se versi una bottiglia d'acqua su un germoglio lo uccidi, anche se potrebbe diventare una bellissima pianta.
A tempo debito.

martedì 23 dicembre 2014

Pelle d'oca

Come? Non scrivo da Settembre? Come vola il tempo quando gli esami sono all'orizzonte, ma ora basta parlare di me, largo all'argomento di questo post davvero poco natalizio. Siccome è da un bel po' di tempo che non parlo esplicitamente di modelli o prodotti destinati all'infanzia che trovo positivi (se non per altro, per un'infanzia libera da stereotipi di genere) ho deciso di farlo adesso, parlando di una collana di libri per bambini che se siete cresciuti, come me, tra gli anni '90 e i primi anni 2000 conoscerete molto bene.

Pelle d'oca,
stai attento,
stai per prenderti
uno spavento!* 

Piccoli Brividi, in inglese Goosebumps (letteralmente Pelle d'oca da cui nasce il titolo del post) è una serie di libri per bambini scritta dallo statunitense R.L.Stine di genere horror. Vi ricordate i libri che le vostre maestre delle elementari non volevano vedere circolare fra i banchi additandoli come pattumiera e minacciandone il sequestro? Sì, sono proprio questi. Eppure probabilmente molti di noi hanno sviluppato amore o almeno interesse per la lettura anche grazie anche a loro. I libri sono economici, le storie sono avvincenti, si leggono velocemente e il finale non è mai banale. Certamente non si sta parlando di capolavori della letteratura per l'infanzia e non intendo suggerire agli insegnanti di aggiungere Piccoli Brividi alla lista di libri per le vacanze accanto a "La fabbrica di cioccolato" (a proposito, ma sono l'unica a trovare Willy Wonka un personaggio odioso nonostante il libro ai tempi mi sia anche piaciuto?) e "Ascolta il mio cuore", ma io penso che spesso basti una storia accattivante per accendere in un bambino la scintilla della lettura e questi libri certamente lo sono, accattivanti. Di cosa parlano dunque le storie? E' presto detto. I racconti di Piccoli Brividi sono, appunto, storie dell'orrore per bambini, diciamo dai sette agli undici anni (anche se non mi piace classificare i libri per età e non sono palesemente capace). Sono quasi sempre narrati in prima persona, il protagonista è un ragazzino o una ragazzina spesso di un'età fra i nove e i dodici anni ed è sovente affiancato/a da un comprimario, spesso il fratello, la sorella o l'amico del cuore. Nel corso del romanzo, protagonista e comprimario fanno spiacevoli incontri con creature spaventose e sovrannaturali, quali mummie maledette, pupazzi stregati, golem de fango, spettri malinconici e fattucchiere vendicative, fissate con le buone maniere. Per liberarsi di queste spiacevole presenze e delle loro maledizioni, i ragazzini si servono del loro ingegno e del coraggio, ma quasi sempre a ribaltare le carte in tavola, nel bene o nel male, è un'intuizione particolare, l'intervento di un insospettabile personaggio secondario o un colpo di scena che regala ad ogni volume un finale a sorpresa tipico del genere horror (la protagonista scopre di essere un fantasma, piuttosto che un mostro, il pericolo che si credeva scampato si ripresenta, eccetera). Come ho già detto, non si tratta di capolavori, ma di romanzi innocui che possono soddisfare il desiderio dei più piccoli di avvicinarsi all'horror (si sa che spesso i bambini tra le elementari e le medie sono irrimediabilmente attratti da film, libri e leggende metropolitane "di paura" e allo stesso modo tremendamente spaventati), senza incappare in porcherie come questa (ultimo grido fra i decenni di mia conoscenza).
Parliamo di uno dei motivi per cui ancora oggi li ricordo con piacere e li consiglierei a dei giovani lettori: la parità di genere. I libri scritti da Stine sono più di ottanta, ovviamente non li ho letti tutti (facciamo una quindicina) e non andrò certo a controllare la trama di ognuno, ma in linea di massima posso affermare che, tra protagonisti e comprimari, si alternano maschi e femmine. I comportamenti dei ragazzi non sono dettati dal loro genere, non ci sono qualità e difetti tipicamente maschili o femminili. I bambini vivono spaventose avventure provando paura, terrore, esultanza, sollievo, sorpresa, disgusto, indipendentemente dal loro sesso. Sono richiamati ad affrontare le propria paure e a trovare una soluzione rapida per mettersi in salvo che siano giovani ragazze o giovani ragazzi. I pregi e i difetti, le speranze e le paura non sono la prerogativa di un sesso determinato, né di una generazione determinata, ma patrimonio comune di tutti e credo sia questo il motivo per cui, nonostante la semplicità, i libri hanno avuto molto successo tra entrambi i sessi. Tutti i bambini desiderano farsi degli amici e si sentono tristi se non vi riescono, tutti cercano di apparire al meglio davanti ai coetanei anche quando si sentono insicuri, si sentono spesso incompresi o sfiduciati dagli adulti che sono distanti, ingiusti e non comprendono, sono affascinanti dalle leggende di mostri e spettri e terrorizzati quando le loro più intime paure si materializzano nella realtà.
Del resto, il sovrannaturale e l'orrorifico hanno sempre affascinato e spaventato sia i maschi che le femmine ed ognuno di noi probabilmente si ricorda di un racconto dell'orrore sentito dagli amici una sera della sua infanzia che è rimasto impresso nella sua memoria o di un edificio particolarmente suggestivo che ha immaginato essere infestato dai fantasmi. E siccome da bambina mi dilettavo a inventare storie su case stregate e bambole dell'orrore, terrorizzando in egual misura i miei coetanei sia maschi e che femmine, ho voluto scrivere questa nota positiva su Piccoli Brividi. E' infatti una serie di libri che ci insegna una grande verità: davanti a un lupo mannaro assetato di sangue urliamo tutti allo stesso modo.
;)

*Lo so, lo so che è una citazione presa dalla serie televisiva, ma non ho resisito. Pignoli.

Nel caso questo post vi abbia particolarmente interessato e muoriate (letteralmente) dalla voglia di leggere uno dei libri, vi do i miei tre titoli preferiti: la scuola maledetta, il fantasma della porta accanto e il mistero del lago gelato (un altro molto carino è "ectoplasmi!" il che mi suggerisce che forse sono un po' troppo ossessionata dai fantasmi...).