lunedì 11 novembre 2013

Trust (film 2010) e la cultura dello stupro

Oggi vi voglio parlare di un film.
Negli Stati Uniti, un paio di anni fa, c'è stato un boom di pellicole sull'argomento giovani ed internet, focalizzandosi nello specifico sui pericoli che il web può veicolare. Scrivo veicolare per un motivo preciso, ossia per introdurre una doverosa premessa: tutte le nefandezze che vengono compiute attraverso internet si possono benissimo compiere anche senza di esso, quindi la soluzione non è "togliamo internet ai ragazzi", non è lì che il mio articolo va a parare e nemmeno molti dei film sull'argomento. Internet, facebook, twitter, il defunto messenger e quant'altro sono mezzi, come la televisione, non sono né il male, né il bene, ma possono essere usati sia per compiere cattive azioni e trasformare la vita degli altri in un incubo che per compierne di giuste e facilitare la propria e l'altrui esistenza (ve lo dico da studentessa universitaria che invece di essere condannata a file chilometriche e corse ad ostacoli con altri sventurati per iscriversi ad una sessione di esami, può risolvere il tutto con un paio di click, comodamente spaparanzata sul divano; i miei genitori ai tempi loro ci avrebbero messo la firma). Il bullismo, la pedofilia e la violenza sessuale non sono causati da internet, sono solamente diffusi anche attraverso il web. Non cessano se spegnamo il computer, ci sono ancora sotto diverse forme, pericolosi allo stesso modo e finché non cambieremo la mentalità alla radice non cesseranno mai. Quindi, nonostante il rischio di cadere nello stereotipo del "si stava meglio quando si stava peggio", "i bei tempi andati", "un tempo le ragazzine potevano essere tenute sotto controllo" e altre delizie del genere sia sempre dietro l'angolo, secondo il mio modesto parere alcuni di questi film meritano di essere visti e di essere discussi. Come ad esempio Trust del 2010 e Cyberbully dell'anno successivo.
Fine della doverosa premessa.


In questo post prenderò in esame Trust, che avevo già visto qualche anno fa ma ho voluto rivedere questa mattina per fare un ripasso (se anche voi siete interessati sappiate che lo si può facilmente trovare su internet sia in inglese che in francese, purtroppo non sottotitolato). Guardatevi dal continuare la lettura se non volete rovinarvi la visione perché ci saranno parecchi spoiler, fra cui il finale della pellicola. Partiamo.
Protagonista del film è Annie Cameron, una ragazzina che ha appena compiuto quattordici anni e frequenta il liceo. Un'adolescente assolutamente ordinaria, con una famiglia di una normalità quasi banale, mamma, papà, fratello che va al college e sorellina. Come la maggiorparte delle ragazze ha una migliore amica e in questo momento della sua vita ha un obiettivo: entrare nella squadra di pallavolo della scuola, per cui si sta allenando duramente. In questo ritratto assolutamente quotidiano rientra anche internet che oggi per molti, soprattutto ragazzi, me compresa, appartiene alla vita di tutti i giorni. In particolare, Annie tascorre molto tempo a chattare, manda messaggi alle amiche prima di uscire di casa, riporta come procedono i suoi allenamenti, parla della scuola ecc... Io, che nel 2010 di anni ne avevo sedici, devo dire di aver conosciuto il mondo delle chat (guardato da molti come un novello girone infernale costellato di notifiche, x e kk) molto prima della nostra protagonista. Mi sono iscritta all'ormai defunto MSN messenger all'età di undici anni, creando il mio primo indirizzo mail. All'indomani della mia iscrizione i miei contatti erano tre, mio papà, mio cugino e mia sorella (con cui per altro non potevo chattare dal momento che non avevamo ancora un nostro computer e dovevamo condividere quello di casa) a cui si aggiunsero in seguito alcuni compagni di scuola, parentado vario ed i miei amici e solo mesi dopo mia mamma, che è sempre stata la meno tecnologica in famiglia. Quando gli argomenti di cui parlare scemavano, le nostre conversazioni, dopo il superamento del banale "cm stai?" e "cs fai?" alla fine viravano spesso su "ci scambiamo le emotikon?" e partiva così una serie sterminata di faccine, dal più classico smile sorridente ai due che si baciavano, a quello che mangiava la pasta, al criceto hamtaro (vi giuro c'era!), all'areoplano, alla faccina con gli occhioni imploranti (la mia preferita). Le emotikon erano per me delle figurine virtuali, andavano collezionate il più possibile in un album che non sarebbe finito mai e, ancora meglio, gratuito. Le adoravo. Torniamo ad Annie, da ragazza abituata ad usare internet tutti i giorni, il lettore immaginerà la sua gioia quando il giorno del suo compleanno le viene regalato un computer tutto per lei. Capiamo subito che Annie usa internet alla luce del sole, senza bisogno di nascondere nulla ai suoi genitori, che sono proprio coloro che le regalano il laptop. Il padre le chiede spesso incruiosito cosa significhino i vari LOL e OMG che si scambia con gli amici, senza sprezzo o desolazione, ma candidamente, al massimo con qualche risatina. La presenza di internet nella vita della figlia non è percepita come sinistra o pericolosa, ma naturale. Nessuno rimprovera Annie perché sta troppo al computer, né la ragazza trascura la sua vita reale per quella virtuale. Non si chiude in camera ventiquattro ore su ventiquattro a chattare, il web non è il fine della sua esistenza, ma semplicemente un mezzo di comunicazione come il telefono qualche decennio fa. Come ho già detto ha i suoi amici, balla con la sorellina per la camera, fa sport, studia e chatta. Nella tranquillità e nella normalità più totale.
In una chat room, Annie conosce Charlie, un ragazzo di sedici anni. I due iniziano una relazione virtuale, parlano della loro famiglia, delle loro passioni, della scuola e si scambiano delle foto. Proprio in procinto di mandare la sua, Charlie confessa ad Annie di non avere sedici anni, ma venti e di averle nascosto l'età perché non voleva che lei lo ritenesse un "maestrino", dal momento che gioca nella squadra di pallavolo del college e le ha dato consigli su come migliorare la sua tecnica. Annie rimane turbata dalla rivelazione, ma la relazione fra i due continua, complice il fatto che finalmente Charlie le ha mandato una sua fotografia durante una partita. I giorni passano, Annie riesce ad entrare nella squadra di pallavolo della scuola e festeggia la bella notizia con i genitori e con Charlie stesso, avvisato prontamente con un messaggio. La ragazza sente di provare qualcosa per lui ed ha tutte le ragioni per credersi ricambiata, visto l'interesse del ragazzo nei suoi confronti, i complimenti e il desiderio da lui espresso di potersi, magari in futuro, incontrare. Una sera, mentre i genitori di Annie si stanno preparando per accompagnare il figlio maggiore al college, Charlie fa una seconda confessione, non ha vent'anni, bensì venticinque. Questa volta Annie è scossa dalla rivelazione e pretende delle spiegazioni, chiedendogli per quale motivo lui continui a mentirle. Per calmarla, il ragazzo la chiama al telefono ed i due hanno una lunga conversazione, dopo la quale Annie si sente rassicurata e decide di chiudere un occhio sulla differenza di età, soprattutto perché Charlie le confessa di essere seriamente interessato a lei e di considerarla uno spirito affine, la sua anima gemella. Accade così che il giorno della partenza del fratello di Annie per il college, Charlie le manda un messaggio dicendole che si trova a Chicago e che vorrebbe incontrarla al centro commerciale. L'invito coglie la ragazza alla sprovvista, che però, emozionata, decide di accettare e si dirige al luogo prefissato. A questo punto avviene quello che forse molti tra voi avranno già ipotizzato. A presentarsi all'appuntamento non è un venticinquenne, ma un uomo di mezza età che dice di essere Charlie. "E' una specie di scherzo?" è quanto riesce a dire una Annie sconvolta mentre tenta di trattenere le lacrime, ma purtroppo non è uno scherzo. Il ragazzo che diceva di essere Charlie e con cui Annie ha conversato amabilmente per due mesi fino ad innamorarsi di lui, non è un ragazzo, bensì un uomo che le intima di non rattristarsi e di lasciare perdere "questa cosa dell'età" perché in fondo "sono la stessa persona con cui hai parlato per questi due mesi" e il motivo per cui ha continuato a mentire e si è spacciato per un ragazzino era che "temevo che tu non fossi abbastanza matura per una relazione di questo genere". Insomma, il meccanismo del victim blaming il pedofilo lo conosce benissimo, nel tessere la trappola per la sua vittima, finge di essere lui quello fragile e quasi ferito dalla reazione di Annie una volta scoperta la sua età e, facendo leva sulla convinzione della ragazza di essere unica e speciale per lui e di aver fatto veramente breccia nel suo cuore, la persuade a concedergli un pomeriggio e i due fanno un giro nel centro commerciale, dove, tra le altre cose, vengono visti da Britney, la migliore amica della protagonista. Durante tutto l'appuntamento vediamo Annie visibilmente a disagio, la ragazza è scioccata di avere davanti a sé un uomo che potrebbe essere suo padre e ancora di più lo è dal fatto di essersi infatuata di lui o almeno delle sue belle parole e, tra risatine stentate e imbarazzanti silenzi, il pomeriggio trascorre. L'incubo, però, è appena iniziato. Infatti Charlie esorta la bambina a salire in macchina con lui, dove le porge un regalo che  ha comprato per lei: un completino intimo di pizzo rosso. In seguito, porta la ragazza in un motel e la persuade a provarsi il completino. Sotto lo sguardo famelico dell'uomo e protetta solo da pochi centimetri di pizzo scarlatto, Annie è ormai decisa a volersi tirare fuori da quella situazione e, dopo un paio di secondi in lingerie, fa per rimettersi i vestiti, ma è fermata da Charlie che le intima di avvicinarsi affinché possa ammirarla meglio, complimentandosi per il fisico. I due sono seduti sul letto e a un certo punto Charlie mette le mani addosso alla ragazza, inizia a toccarla, in maniera decisa, e in pochi attimi le è sopra. L'immagine sfoca ma noi sappiamo benissimo quello che è successo, Charlie ed Annie hanno fatto sesso, o meglio, Charlie ha violentato Annie.
Quello a cui ci troviamo davanti è uno stupro in piena regola, ma come diceva Franca Rame: "Ancora oggi, proprio per l’imbecille mentalità corrente, una donna convince veramente di aver subito violenza carnale contro la sua volontà, se ha la “fortuna” di presentarsi alle autorità competenti pestata e sanguinante, se si presenta morta è meglio! Un cadavere con segni di stupro e sevizie dà più garanzie."  Annie non ha segni di violenza fisica, non ha subito percosse, non è stata picchiata, non ha lividi, non perde sangue, ma noi spettatori sappiamo che ha subito violenza, perché sappiamo che lei non voleva fare sesso con quell'uomo, ma vi è stata costretta, dalla sua sicurezza, dalle sue menzogne, da una tela architettata in due mesi di inganni da cui la quattordicenne non può più liberarsi. Dopo lo stupro, vediamo Annie tornare alla vita di sempre, solo che lei non è più la ragazza di sempre, è una ragazza che è stata violentata, ma che non è in grado di ammetterlo neanche a sé stessa, figuriamoci di dirlo a terzi. Ogni suo minuto libero è dedicato alla ricerca di Charlie, perché il suo stupratore, dopo il pomeriggio al centro commerciale, non si è più fatto risentire, e Annie, che ancora non riesce e non vuole credere di essere stata raggirata si aggrappa, alle flebili speranze di significare qualcosa per quell'uomo, di essere la sua anima gemella. Sono strazianti le scene in cui Annie piange al telefono implorando il suo carnefice di richiamarla. In tutto questo, Britney si rende conto che l'uomo con cui aveva visto l'amica al centro commerciale era proprio il Charlie di cui le aveva tanto parlato ed intuisce che i due hanno fatto sesso, così riferisce l'accaduto alla Preside del liceo. La donna fa chiamare subito la polizia ed Annie viene portata a casa da una voltante sotto gli sguardi incuriositi dei compagni di classe. Una volta capito perché gli agenti sono venuti a prenderla, la ragazza rivela ai suoi genitori la vera etaà di Charlie (Annie, infatti, quando ancora credeva che l'uomo fosse un liceale non ne aveva tenuta nascosta ai genitori l'esistenza) e confessa di aver avuto un rapporto sessuale con lui.
La notizia che la loro bambina è stata violentata devasta, com'è intuibile, i genitori e il film si focalizza principalmente sulla reazione del padre. Quest'uomo che, la pellicola lascia intendere, ha sempre avuto un ottimo rapporto con la figlia e con il resto della prole, non riesce a capacitarsi che sua figlia sia stata stuprata, né che non riesca ad ammettere la violenza. Will Cameron, questo il nome dell'uomo, inorridisce nel vedere come Annie sia ancora, in un certo modo, attratta dal suo carnefice e fatichi a rendersi conto che tutte le sue parole, tutte le sue attenzioni siano state solo menzogne. Due mesi di conversazioni sono difficili da cancellare. Nella notte, il padre di Annie è straziato dalle immagini della figlia, la vede violentata da un bruto, alcolizzato, stuprata mentre grida  nel terrore il suo nome, implora "papa', aiutami". L'ossessione del fare giustizia e scovare lo stupratore della figlia diventa tale da alienarlo dalla sua famiglia e dalla sua stessa bambina che, aiutata da una valida psicologa, vuole cercare di superare quanto accaduto e reintegrarsi fra i suoi coetanei, tornando alla vita di prima. La sua ossessione per il carnefice, in parole povere, non gli permette di aiutare veramente la figlia.
Quello che è, secondo me, brillante del personaggio di Will Cameron, interpretato da un convincente Clive Owen, è come lo stupro subito dalla figlia gli faccia vedere in una luce tutta nuova la società in cui vive. Una luce agghiacciante che illumina la mercificazione quotidiana dei corpi, soprattutto femminili, soprattutto giovani, molto giovani. Will Cameron è un uomo che, durante il film, scopre la cultura dello stupro che permea la nostra società. Da pubblicitario, infatti, vede in maniera del tutto nuova le immagini che promuovono una nota marca di vestiti, approvate da lui stesso solo qualche settimana prima. Adesso, quei corpi di ragazze giovanissime in pose provocanti, senza quasi nulla addosso, invitanti, sensuali, che "fanno sesso" nel vero senso della parola, lo atterriscono e lo inquietano. In loro rivede sua figlia e si domanda se non sia sbagliato che dei corpi così giovani siano denudati ed appesi per le citta', esposti agli sguardi di chiunque. Si chiede se non ci sia qualcosa di profodamente malsano nel fatto che corpi adolescenziali, ancora acerbi, siano truccati ed abbigliati per suscitare desiderio in uomini adulti e maturi, in uomini come lo stupratore di sua figlia, ma, questo è ciò che più lo spaventa, anche in se' stesso. Will scopre passo dopo passo le grandi contraddizioni che permeano il mondo in cui vive, a partire dal suo stesso lavoro, da un lato la criminalizzazione della pedofilia, il disgusto conclamato che tutti provano per il violentatore della figlia e dall'altro immagini che suggeriscono la violenza sessuale, che mostrano corpi femminili disponibili e sessualizzati, corpi di adolescenti, poco più che bambine.
Questa cultura forse non incita allo stupro? Chi è lo stupratore? Un reietto, uno scarto della società, un individuo con problemi a relazionarsi con l'altro o un insospettabile padre di famiglia? Chi è il mostro che ha stuprato Annie? Per ottenere finalmente una risposta, là dove la polizia continua a fallire, Will decide di assoldate un detective privato che gli fornisce un elenco di uomini fermati precedentemente per molestie sessuali nel New Jersey. Durante una partita di pallavolo della ragazza, qualche giorno dopo, Will riconosce uno degli uomini nella lista mentre scattando all'impazzata foto alle ragazzine. Inferocito, si avventa contro il fotografo e lo assale, creando lo scompiglio fra le tribune fino a quando una ragazza, inorridita e spaventata, grida che l'uomo stava scattando foto alla partita perché è suo padre. Un padre che è stato fermato per molestie sessuali. Ovviamente questo la figlia non lo sa. E poiché il padre ci tiene a non farglielo scoprire, decide di non denunciare Will per l'aggressione in cambio del suo silenzio. Quell'uomo non è uno stupratore dunque, non lo stupratore di Annie almeno. Quell'uomo è stato denunciato per molestie sessuali, una persona insospettabile, un padre di famiglia appunto, e dietro a quanti altri padri di famiglia si celano stupratori, molestatori, sfruttatori? Il film pone continuamente la stessa domanda "di chi ci possiamo fidare?". Sembra proprio di nessuno. Chiunque può essere un mostro.
Altro argomento su cui il film ci impone una riflessione: cos'è lo stupro nella mentalità comune? Di certo quello che ha subito Annie per molti non è stupro o forse non è abbastanza stupro, del resto Annie ha seguito Charlie volontariamente nel motel, non ci è stata trascinata per i capelli, come sembra suggerire il capo di Will, quando, saputo dell'accaduto commenta con un "sarebbe potuto essere molto peggio". Così la pensano anche molti ragazzi a scuola che creano un manifesto, su internet, raffigurante Annie in pose provocanti, nuda su un letto ed un uomo dietro. Sopra di lei campeggiano scritte eloquente "non è stata stuprata", "lo voleva". Quando Annie si trova di fronte a questa immagine, il fardello che sta portando sulle spalle diventa veramente troppo pesante e la ragazza tenta il suicidio. Verrà salvata dal padre.
Annie non riuscirà ad ammettere di essere stata violentata fino a che non le saranno mostrate le foto delle altre vittime di "Charlie", solo allora capirà una volta per tutte che l'uomo non era innamorato di lei ed accetterà di essere stata raggirata e stuprata. Di essere una vittima.
Senza tenervi troppo sulle spine, vi rivelo che il film non ha un lieto fine. Li ricordate i due principali ingredienti del lieto fine, no? Il trionfo del bene e la punizione del malvagio. Non possiamo certo dire che ci sia un trionfo del bene. Annie e suo padre si riconciliano, è vero, l'uomo ne impedisce il tentato suicidio e la famiglia ricopre la figlia di affetto, di supporto. Lo spettatore può ben sperare che la ragazza riuscirà a superare il trauma che ha subito. Piano, certamente, ma riuscirà. La società però non è cambiata, i cartelloni pubblicitari con ragazzine sessualizzate e disponibili ci sono ancora, basta uscire di casa, e così anche gli uomini come il datore di lavoro di Will, il collega che ammicca alla cameriera chiedendole se "c'è anche lei sul menu'", tutti coloro per cui Annie non è stata veramente stuprata, ma lo voleva, perchè in fondo ha seguito Charlie nel motel, no? Non si stava dimenando, non ha gridato aiuto, non ha neanche un graffio. E sappiamo che per la mentalità comune se non c'è livido non è stupro.
Non abbiamo nemmeno la punizione del malvagio agognata da molti, perche' "Charlie" non si riesce a trovare, o almeno, la polizia non riesce a trovarlo, lo spettatore sì. Se lo ritrova davanti, suo malgrado alla fine del film
Veniamo infatti a sapere che il vero nome di Charlie è Graham Weston. Un uomo sposato, con un figlio e una gratificante carriera di professore di fisica in un prestigioso liceo. Nell'ultima scena viene fermato da uno dei suoi studenti che gli presenta entusiasta la sua famiglia, mentre il bambino di Weston, orgoglioso, riprende la scena con la videocamera.

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