lunedì 25 novembre 2013

Personaggi femminili positivi 5# Carmen Sandiego

Se siete cresciuti tra gli anni '90 e gli anni 2000 è possibile che questa sigla vi riporti indietro nel tempo, magari facendovi venire voglia di canticchiare dov'è Carmen Sandieeeego" alla guisa della sottoscritta.
Dov'è finita Carmen Sandiego? (Where on earth is Carmen Sandiego?) è una produzione animata ideata nel 1994, conclusasi nel 1999 e andata in onda in Italia su Rai 2 e in replica pochi anni fa su DeaKids. Il cartone è ambientato all'interno di un videgioco. All'inizio e alla fine di ogni episodio possiamo vedere un ragazzo, e nelle stagioni successive una ragazza, rigorosamente di spalle davanti allo schermo di un computer vecchio stile, pronti a risolvere un nuovo caso. Sì, perché Dov'è finita Carmen Sandiego è essenzialmente una storia di casi da risolvere e crimini da sventare e dell'eterna lotta tra A.C.M.E. organizzazione di detective adolescenti e V.I.L.E. organizzazione criminale dedita ai furti su grande scala. L'A.C.M.E. conta moltissimi detective sparsi per il mondo, ma le vicende del cartone si incentrano sui due fratelli Ivy, la maggiore di diciotto anni e Zack, il minore di quattordici. Lei è una ragazza determinata, con la testa sulle spalle, esperta di arti marziali, spesso infastidita dal comportamento infantile del fratellino; lui è un ragazzino geniale, che si diverte spesso a punzecchiare la sorellona, abile hacker e conoscitore di moltissime lingue, abilità essenziale dal momento che le avventure dei ragazzi si svolgono ogni puntata in nazioni diverse.
Zack ed Ivy nell'immagine migliore che ho trovato
Il motivo per cui i giovani detective vengono spediti ogni volta, letteralmente, in capo al mondo è proprio Carmen Sandiego. Chi è costei? Carmen è una scaltra ladra, probabilmente il membro più temuto della V.I.L.E. Nonostante il nome poco raccomandabile dell'organizzazione Carmen ha un codice etico che rispetta rigorosamente. Non è nelle sue intenzioni uccidere o ferire i suoi inseguitori (arriva addirittura a salvare la vita ad Ivy in un episodio) e si diverte a giocare al gatto e al topo con loro, lasciandogli indizi in giro per il globo per poi sfuggire all'ultimo minuto le manette. Carmen, dicevamo, è una ladra, ma se pensate ad una volgare rapinatrice di banche vi sbagliate di grosso. Forse una più sofisticata trafugatrice di gioielli ed opere d'arte sulle orme di Eva Kant e le sorelle di Occhi di gatto? Siete fuori strada. I furti di Carmen sono molto più in grande stile, solitamente infatti, Carmen ruba monumenti, piramidi egizie, torri, Chiese, castelli, oppure manoscritti originali di capolavori letterari.. Cosa se ne fa la nostra ladra di tante meraviglie? Beh, questo dipende da ciò che le suggerisce la fantasia di puntata in puntata. Può essere ricreare un'enorme schacchiera, ad esempio.
Carmen Sandiego
Quello che è certo è che non ci si possono di certo aspettare furti ordinari con Carmen e nemmeno ci si può illudere di metterle le mani addosso e consegnarla facilmente alla giustizia, perché la nostra antieroina riesce sempre a svignarsela, ma i suoi piani, quelli sì, i due detective riescono a sventarli ed un pareggio non è mai un cattivo risultato. Soprattutto quando l'avversaria è Carmen. Perché adoravo ed adoro questo cartone? Perché questo cartone ha tutto.
Ha una storyline avvincente. Due adolescenti detective che viaggiano per il mondo per sventare i crimini di una misteriosa ladra.
E' educativo ed interessante. Dal momento che troviamo Zack ed Ivy in ogni puntata almeno in due o tre nazioni diverse, sono elargite agli spettatori diverse informazioni sugli Stati e le città che stanno visitando, le opere d'arte famose, la lingua parlata, i costumi tradizionali, i monumenti con tanto di quiz a metà episodio.
E' pensato sia per un pubblico maschile che per un pubblico femminile. Spero di non dovervi più spiegare che sono contro gli stereotipi di genere, che una bambina guardi le tartarughe ninja ed un bambino la Principessa Sofia con tranquillità, ma è indubbio che molti cartoni animati sono tutt'ora pensati specificatamente per un pubblico di maschi o di femmine. Dov'è finita Carmen Sandiego si rivolge a un pubblico misto.
Ha dei personaggi convincenti, ben sviluppati e delle figure femminili assolutamente positive. In primo luogo abbiamo Carmen, scaltra, intelligente, esperta di informatica, di tecnologia, ma anche di storia e letteratura, come si evince dai numerosi indizi che lascia ai detective. Non ha nemmeno bisogno di vestiti succinti come molte altre regine del crimine, un ampio impermeabile rosso ed un elegante cappello dello stesso colore le danno un indiscutibile fascino da criminale un po' retrò senza sessualizzarla minimamente. Come ho già scritto, nonostante sia una ladra e del tutto disinteressata alla redenzione, Carmen ha una ferrea morale, che le procura, puntata dopo puntata, l'ammirazione di Ivy e Zack e anche quella del pubblico a casa.
Parliamo dei membri della A.C.M.E. Ivy la ragazza che insieme al fratello ha il compito di sventare i crimini di Carmen è senza dubbio una figura emancipata e coraggiosa. Nonostante, la mente del duo sia il geniale fratellino, è lei ad avere le redini del gruppo, soprattutto in virtù della maggiore età e del carattere responsabile che le permette di avere (quasi) sempre il controllo della situazione. Inoltre è atletica ed è lei che, quando si verifica l'occasione, fronteggia corpo a corpo Carmen o lo scagnozzo di turno.
Oltre ad Ivy e a Zack, nel corso delle puntante, si incontrano diversi giovani detective, ragazze e ragazzi che fiancheggiano i protagonisti delle loro indagin, dall'Italia, alla Russia, passando per il Sudafrica, la Grecia, l'Inghilterra, la Polinesia ecc...
E poi c'è il Capo, null'altro che un sofisticato programma informatico che coordina le missioni di Ivy e Zack e li teletrasporta in qualsiasi parte del globo.
Il Capo. Sì, è una testa fluttuante nel cyberspazio
E dà una nota di comicità al tutto.

martedì 19 novembre 2013

Le 10 ragazze più intraprendenti ed emancipate della Disney

Il cinquantatreesimo classico Disney, Frozen, sta per arrivare anche nelle sale cinematografiche italiane e scommetto di non essere l'unica curiosa. Il film infatti, secondo gli ultimi rumors, aggiungerà al novero delle principesse Disney non uno, ma ben due nuove personaggi, le sorelle Anna ed Elsa. Sappiamo tutti che il brand principesse Disney è sempre al centro di critiche e dibattiti. Indubbiamente, l'azienda nell'ideare nuove protagoniste si sta allotandando dal "modello Biancaneve", ossia l'oggetto del desiderio che aspetta solo di essere salvato, nonostante questo il franchising attorno ad una delle marche più famose del mondo Disney rimane un tripudio di rosa e stucchevolezza (anche se da qualche parte devo aver visto l'arco e le frecce di Merida, ma non sono sicura fossero "targati" Principessedisney) che, sia ben chiaro, non aborro totalmente, come ho già scritto numerose volte, ma che non può e non deve essere l'unico modello proposto alle bambine.
Qualche giorno fa mi sono imbattuta in questa simpatica immagine, che mi ha in primo luogo fatto sorridere e poi anche riflettere
Queste sono solo alcune delle non principesse Disney. Voi siete in grado di riconoscerle tutte?
A pensarci bene infatti, la Disney ci ha proposto negli anni molteplici figure femminili, che non fanno parte dell'onnipresente brand principessedisney, dalla Fata Turchina del criticatissimo, almeno in Italia, Pinocchio fino ad arrivare a Vanellope, co protagonista di Ralph Spaccatutto. Le non principesse disney sono più escluse dal selvaggio merchandising rispetto alle loro più famose college, cosa che da un lato è indubbiamente positivo, ma dall'altro le spinge anno dopo anno verso il dimenticatoio. Alcune di loro ci sono dentro già da tempo (oggi quale bimba di quattro anni saprebbe dirvi chi è Eilonwy di Taron e la Pentola magica? Non ne ricordavo l'esistenza nemmeno io, ho visto il film solo una volta e forse neanche tutto e non ho neanche mai avuto la videocassetta!) altre conservano ancora un picco di notoriatà, come Lilo, ad esempio, anche grazie ai vari sequel e alla serie animata, Alice (anche lì grazie alle varie rivisitazioni del personaggio che com'è come non è alla fine tutti paragonano a quella nata dalla mente di Walt) e Trilli, che come consolazione per non essere entrata nel club delle pincipesse disney si è "riscattata" fondando quello delle disney fairies, la cui qualità è discutibile. Poiché le non principesse Disney sono spesso tralasciate dall critica, ho deciso di stilare una classifica di dieci figure femminili positive prendendole sia dalle disneyprincess che non. 


10. Kiara (Il Re Leone II - Il regno di Simba, 1998)
                                                                                    
Si piazza al decimo posto la figlia di Simba e Nala, protagonista del sequel de Il Re Leone. Uno dei pochi sequel degni di essere visti. Vi dirò che ero indecisa se mettere in classifica lei o la madre, Nala. La verità è che sia Il Re Leone che il suo seguito vantano di figure femminili incredibilmente forti, sia nella schiera dei buoni che in quella degli antagonisti, come Zira del secondo film. Del resto, tra i leoni sono le femmine che si occupano della caccia e della difesa del branco e quando si tratta di zampate ed artigli, nessuna delle leonesse in questione ha qualcosa da invidiare a un Simba o a un Mufasa (per non parlare dello stesso Scar che, come confessa lui stesso all'inizio del primo film, in quanto a muscoli è piuttosto carente). In soldoni, ho scelto di dare il posto a Kiara perché è lei a tutti gli effetti la protagonista della seconda pellicola, mentre nel primo film le figure di Sarabi e di Nala vengono oscurate da quella di Simba. Kiara, pur non entrando nel novero dell Disney Princess è a tutti gli effetti di sangue reale e sarà lei che erediterà le terre del branco alla morte del padre. Presentataci all'inizio del film come una bambina combinaguai ed in seguito come un'adolescente ribelle, Kiara non è ansiosa di diventare una regina, anzi, se suo padre prima di lei sognava di "diventare presto un Re" credendo che il trono fosse un lasciapassare per non avere più nessuno a dirgli cosa fare, Kiara ci appare da subito abbastanza disinteressata al suo futuro regale. Quello che vuole veramente è crearsi un'identità al di fuori del suo titolo, desidera vedere il mondo ed imparare a cavarsela da sola, sfuggendo al controllo del protettivo papà. Forse Kiara è una figura meno forte, fisicamente parlando, della madre Nala, che riusciva a fronteggiare ed a sconfiggere in combattimento lo stesso Simba. Se dovessi immaginarmi uno scontro fra Kiara e Kovu, infatti, devo ammettere che quest'ultimo vincerebbe senza troppe difficoltà. Tuttavia, ciò che è notevole nella protagonista è la sua forza d'animo e la sua ribellione alla figura di padre e Re che è Simba. Sì, perché mentre con la morte di Mufasa nel primo film il padre ed il Re vengono mitizzati fondendosi in una figura intoccabile, in questo film Simba appare risoluto e potente ma non invincibile ed è una figura che può essere messa in discussione e che viene messa in discussione proprio dalla figlia, la cui forza di volontà ed il cui amore per Kovu permettono la riappacificazione tra i due clan, il primo esiliato per essere rimasto fedele a Scar dopo la sua caduta ed il secondo fedele a Simba. Non male per un decimo posto.

9. Jane Porter (Tarzan, 1999)

A mio parere Jane ha qualcosa che le dà una marcia in più rispetto a molte delle disney Princess, almeno fino a Pocahontas, è più umana. Prendiamo come esempio Belle, non è una Principessa di lignaggio, è vero, ma lo è nell'animo e nell'atteggiamento, pur dando da mangiare alle galline e ai maiali, aiutando il padre con le sue invenzioni, andando a cavallo e giocando a palle di neve mantiene sempre quella grazia un po' innaturale delle Pricipesse Disney della prima generazione, come anche Cenerentola, del resto, che non mostra un segno di fatica neanche dopo un'intera giornata a correre dietro a sorellastre e matrigna. Non voglio dire che ci sia qualcosa di male in questo, ma ai miei occhi un po' di goffagine, qualche difetto, insomma una conclamata imperfezione, rende i personaggi più simpatici e ci fa identificare di più con essi. Veniamo quindi a Jane Porter, Jane è una tipica ragazza dell'alta borgesia, nata e cresciuta nell'Inghilterra vittoriana che intraprende con il padre e un cacciatore poco raccomandabile, il rozzo Clayton, un viaggio in Africa per studiare i gorilla. La ragazza non è così fragile come sembra e si adatta senza troppe difficoltà allo spartano accampamento nella giungla. Nonostante ciò, la giungla è appunto una giungla, non un villaggio turistico, potrà una giovane lady inglese mantenere la sua eleganza ed il suo contegno davanti ad una schiera inferocità di macachi? Pare difficile ed infatti Jane non ci riesce. Abbiamo davanti una ragazza Disney che grida, scalcia, fugge, si sporca di fango e bagna di pioggia, cerca in maniera rocambolesca di arrampicarsi su un albero destreggiandosi fra muschio e liane e arriva addirittura ad allontanare Tarzan con un calcio quando le si avvicina troppo, incuriosito dall'aver trovato un essere umano così simile a lui. Vediamo insomma Jane in situazioni del tutto inconsuete per una figura femminile disneyiana. Abbiamo detto che la vita nella giungla porta a qualche inconveniente, ma nonostante ciò possiamo vedere chiaramente che la giungla ed i suoi abitanti affascinano la nostra Jane, che con un po' di difficoltà iniziale impara a volteggiare sulle liane, istruita da Tarzan e saluta come una grande conquista quella di comunicare con le scimmie. Avevate mai visto prima una donna della disney gridare "uh uh uh ah ah ah" davanti ad un gruppo di gorilla? Trovo notevole che in Tarzan non siano solamente gli inglesi a civilizzare il protagonista, ma si assista ad un effettivo e vero scambio fra le due culture. Come ho già detto infatti, Jane impara a librarsi tra le liane e a comunicare con le scimmie, ma allo stesso modo insegna a Tarzan a leggere, ad esprimersi in inglese, sia lei che suo padre gli mostrano le stelle, diapositive di città, monumenti, dischiudendo agli occhi di Tarzan un mondo nuovo e meraviglioso come la giungla lo è per Jane. Dunque Jane Porter è una figura che ha qualcosa da dare e che fuoriesce dalla perfezione tipica delle donne della disney (possiamo dire che in un certo senso anche Alice si sporca, si bagna e si caccia nei guai, tuttavia lei è una bambina, mentre Jane Porter è già una donna, una donna sveglia ed intelligente, decisamente un altro livello rispetto all'impertinente e a tratti insopportabile Alice disneyana).

8. Kidagakash (Atlantis, l'impero perduto, 2001)

La giovane e testarda principessa di Altantis si aggiudica un meritatissimo ottavo posto, Kidagakash, in breve Kida è la prima atlantidese incontrata da Milo, l'impacciato e goffo linguista protagonista della pellicola. I due che presto diventeranno una coppia, hanno due caratteri direi complementari, se Milo è goffo, impacciato, insicuro ed intelligente, insomma un vero e proprio geek, con la sola differenza che il film è ambientato prima della nascita del computer, Kida è atletica, determinata, seria e soprattutto decisa a riportare il suo morente popolo allo splendore di un tempo. Per farlo ha bisogno di Milo, l'unico in grado di decifrare le scritture che parlano del passato di Atlantide, dal momento che Kida come tutto il suo popolo, ha persona da tempo la facoltà di leggere. Kida è una principessa, ma è anche una guerriera, cosa che possiamo vedere fin dalle sue prime scene, almeno in età adulta, dove tiene d'occhio gli esploratori armata di lancia e di maschera per non farsi riconoscere. Il suo senso di responsabilità e l'amore per il suo popolo la rende una figura regale, una regalità che viene dall'animo e che ben si addice ad un'imperatrice, che quanto diventerà la giovane donna alla fine del film. Di Kida adoro il fatto che finalmente la Disney si sia decisa a rappresentare una Principessa mostrandoci il peso del suo compito. Cos'erano state le principesse per la Disney fino a questo momento (tranne forse qualche eccezione come Kiara)? Ragazze dolci, sognatrici, più e meno intraprendenti, ma anche se non tutte potevano dirsi figure totalmente passive, per nessuna di loro il ruolo di Principessa era difficile e ostico. Per Kida certamente ricevere il trono del padre è un onore, ma è un onore colmo di oneri. La Regina atlantidese ci mostra le concrete difficoltà di governare un regno, di prendere delle decisioni, di capire cosa è giusto per il suo popolo. E' un compito gravoso che può ricadere solo sulle spalle di una persona forte e saggia e tale si dimostrerà Kida. Insomma, un bel ottavo posto alla futura regnante di Atlantide per averci mostrato una Principessa che ha ben poco a che vedere con balli e vestiti, ma lotta la rinascita di un popolo.

7. Capitano Amelia (il Pianeta del tesoro, 2002)

Questo film, la cui videocassetta sono quasi arrivata a consumare, tante le volte che l'ho visto è la rivisitazione disneyana del celebre romanzo l'Isola del Tesoro. Data la carenza di personaggi femminili, la Disney ha ben pensato di affidare, appositamente per questa versione della storia, il ruolo di Capitano della nave in rotta per il tesoro di Flint, il pianeta del tesoro appunto, ad una donna. E che donna! Avete davanti a voi il Capitano Amelia, di cui tutto si può dire fuorché che non sia una figura forte ed indipendente. Infatti, è stata messa nelle ultime posizioni solamente perché la sua storyline viene decisamente oscurata da quella del vero protagonista della pellicola, Jim Hawkins, e perché nonostante sia un indubbio modello di empowerment femminile, la figura manca di quello spessore che è tipico dei protagonisti della Disney della nuova generazione, almeno dal Rinascimento in poi, proprio perché non è una protagonista. Insomma, come personaggio di contorno il nostro Capitano merita un bel dieci con tutta la lode, ma vedendola gareggiare con ragazze che sono a tutti gli effetti le protagoniste dei loro film, la sua posizione in classifica non può che risentirne.
Il Capitano Amelia ha un compito, governare una nave, e lo svolge alla perfezione; è temuta e rispettata da tutto l'equipaggio e sull'imbarcazione non si muove una cima senza il suo consenso. Questo almeno fino all'ammutinamento della ciurma, un gruppo di poco di buono non scelti da lei e della quale per l'appunto non si fida affatto, ma anche in questo caso, la donna non si lascia sopraffarre, si dimostra in grado di maneggiare armi con maestria ed è senza dubbio il membro che sa meglio come manovrare navi e scialuppe di salvataggio. Decisamente rude e ferocemente sarcastica all'inizio del film, con il passare dei minuti anche il Capitano si ammorbidisce e mostra agli spettatori il suo lato più umano, pur non perdendo la sua freddezza e l'aggressività di fronte al nemico. Un personaggio notevole.

6.Tiana (La principessa e il ranocchio, 2009)

Prima DisneyPrincess della classifica.
Nonostante abbia trovato il film la Principessa e il Ranocchio carino, ma non eccezionale (salvo le canzoni e la figura del cattivo), non si può mettere il dubbio che Tiana sia fatta di un'altra pasta rispetto a molte delle Principesse che l'hanno preceduta ed anche a molte delle figure Disney in generale. Chi come me ha visto il film sa che Tiana non è Principessa per nascita, ma è invece figlia di una modesta sarta e di un onesto lavoratore che le trasmette la passione per la cucina e condivide con lei il sogno di poter aprire un ristorante tutto loro con i risparmi di famiglia. Il padre di Tiana poi, le fa presente soprattutto fin da bambina, in maniera dolce ma ferma, che sognare va bene, ma non si può basare la propria vita solamente sui sogni, perché l'unico modo di realizzare un proprio desiderio è lavorare sodo per ottenere quello che si vuole. La ragazza è dunque abituata fin da piccola alla fatica, alle delusioni ed al duro lavoro. Sì, certo, anche Cenerentola era abituata a lavorare tutto il giorno e lo faceva senza scoraggiarsi, ma mentre la principessa dalle scarpe più scomode della storia durante le pulizie semplicemente sognava una vita migliore, Tiana lavora attivamente per ottenere ciò che vuole, non si limita a fantasticare, ma costruisce giorno per giorno il suo sogno ed il suo futuro. La sua vita modesta e la disgrazia della perdita del padre l'hanno portata a sviluppare un carattere forte e coriaceo. Tiana è una giovane donna che non si scoraggia facilmente di fronte alle numerose avversità che la vita le pone davanti, pratica e realista, si dà da fare per realizzare il suo sogno e del defunto padre, ossia aprire un ristorante. Questo è il suo obiettivo, che ha intenzione di raggiungere da sola, senza chiedere nulla a nessuno né tantomeno rifugiarsi in sogni e fantasticherie. Una razionalità che non può che cozzare con i sogni ad occhi aperti della prima, ma anche della seconda, generazione di principesse Disney (da Biancaneve a Jasmine, per intenderci), tutte decisamente più naive.

5. Esmeralda (Il Gobbo di Notre Dame, 1996)

Qui abbiamo un altro film del Rinascimento Disney che si fregia a ben diritto della nomea di capolavoro. Non lo amavo da piccola, devo averlo visto davvero poche volte, ma adesso è senza dubbio uno dei miei Disney preferiti. Esmeralda, di cui ho intenzione di parlare, è la danzatrice gitana che balla per le strade di Parigi per racimolare un po' di soldi, accompagnata dalla fedele capretta, Djali. Come tutti gli zingari parigini, vive alla Corte dei Miracoli; trovare e distruggere questo posto è l'ossesione del giudice Claude Frollo, il tormentato cattivo del film. Torniamo ad Esmeralda. La Disney ha fatto un lavoro di caratterizzazione del personaggio che oserei definire eccelso. L'affascinante ed ingenua ragazzina delle pagine di Notre Dame de Paris diventa qui una giovane donna grintosa e sicura di sé. Se nel libro è lei ad essere sedotta ed ingannata da quel mascalzone di Phoebus, nella pellicola è lei chi seduce, non solo con il suo corpo, ma soprattutto con il suo atteggiamento. L'atteggiamento di Esmeralda strega. Emancipata, indipendente, intraprendente, fiera delle sue origini gitane (apprezzo il nel cartone animato, la donna sia realmente una zingara e non sia in realtà una francese rapita in culla) e padrona di sé stessa. Una donna che sostanzialmente si mantiene da sola, senza vivere sulle spalle di nessuno. Un po' come Tiana da questo punto di vista, con l'eccezione che Esmeralda non ha un sogno particolare da realizzare, ma vive più alla giornata. C'è però un elemento della non principessa Disney che le permette di adombrare senza troppe difficoltà Tiana e molte delle sue "colleghe". Esmeralda è eroica. Questa donna non pensa solo a sé, alla sua vita, alla sua indipendenza, al suo sogno; questa donna desidera giustizia, come grida a Claude Frollo e ad una folla sbalordita durante la festa dei folli. Giustizia per il suo popolo, costretto a subire maltrattamenti ed angherie, e giustizia per tutti gli emarginati come chiede davanti a Dio durante la toccante canzone "God, help the outcast". Esmeralda, però, non si limita a pregare, si fa avanti e combatte per quella giustizia, come quando, mentre Quasimodo viene messo alla gogna pubblica, e dileggiato a suon di insulti e frutta marcia addosso, sale prontamente sulla ruota dove è legato, gli pulisce il visto e lo slega sotto gli occhi inferociti del giudice e, poiché questi ne ordina l'arresto, elude le guardie con facilità, fuggendo abilmente e volatilizzandosi grazie ad un trucco di magia. Che altro? Esmeralda non si esime neanche dal combattere e con una certa abilità a dire il vero, visto che riesce a tenere testa persino al capitano delle guardie Phoebus, che qui non è un odioso mascalzone, ma un uomo di buon cuore forse un po' sempliciotto, che vorrebbe incarnare le virtù del tipico eroe dal cavallo bianco, ma che sembra in realtà esserne una specie di parodia grazie ad alcune scene comiche. Inutile dire che Esmeralda ci finirà insieme, nonostante il primo incontro tra i due non sia dei più amichevoli... La ragazza non è certo una che si fa affascinare da una volto impomatato ed un sorriso da bellimbusto.

4. Lilo (Lilo & Stitch, 2002)

A un passo dal podio vediamo questa dolce seienne che ha insegnato a grandi e piccini una grande verità sulla parola Ohana. In un periodo dove tutti parlano di come dovrebbe essere la famiglia e si sentono liberi di decretare cosa lo sia e cosa non lo sia, ritengo sia utile aggiungere a questo marasma di opinioni anche quello della piccola Lilo "Ohana significa famiglia e famiglia significa che nessuno viene mai abbandonato o dimenticato". Non è solo per questa perla di saggezza che Lilo si merita il quarto posto. Un punto a suo favore, è una bambina. Non so voi, io sono del parere che usare come protagonisti di film per bambini dei bambini sia una mossa vincente, aiuta i giovani spettatori ad indentificarsi e a capire di più il personaggio, le sue motivazioni ed i suoi ragionamenti. Ricordo che dopo essere uscita dal cinema, in una calda sera d'estate, a nove anni, mi misi subito ad interpretare la ragazzina hawaiana, lasciando alla mia sorellina più piccola la parte di Stitch. Lilo è una bambina sveglia e vivace, il più delle volte è allegra il che è sorprendente visto il recente trauma che ha dovuto affrontare: la perdita di entrambi i genitori in un'incidente d'auto. Nonostante ciò, apprendiamo subito che quello che la ragazzina desidera di più al mondo è un amico, un amico vero, dal momento che è additata dalle sue compagnette di hula, una delle sue passioni, come una svitata. Lilo si cuce i giocattoli da sola, ha una collezione di fotografie di turisti che arrostiscono al sole sulle spiagge hawaiane ed ha un'enorme passione per Elvis Presley. Balla, canta, va in giro con il suo triciclo e nuota del meraviglioso oceano hawaiano. La grande forza di Lilo è quella di essere una bambina che si comporta da bambina e che offre alle coetanee un modello libero dagli stereotipi di genere, libero dalla precoce sessualizzazione dei corpi, che ha un'infanzia libera, una vera infanzia gialla, per metterla nei termini del blog, il che la rende subito simpatica.

3. Vanellope Von Sweets (Ralph Spaccatutto, 2012)

 Saliamo ora sul podio di questa classifica con un'ennesima nonprincipessa disney, la co protagonista di Ralph spaccatutto, dal cuore buono, ma dalla lingua lunga, Vanellope. Poche chiacchere, Vanellope è forse la protagonista di un film Disney che più si avvicina al concetto di anti principessa. Trattasi di una petulante mocciosetta, dalla battuta facile, sarcastica ed iperattiva. Vanellope è un altro personaggio dalle idee chiare, a differenza di molte figure femminili della Disney non vuole fuggire dalla sua vita, sta bene dove sta. Quello che Vanellope vuole è una cosa sola, ossia correre. Il che è abbastanza naturale dal momento che è la protagonista di Sugar Rush, un gioco di kart ambientanto in un mondo zuccheroso alla "Fragolina Dolcecuore" che vede i vari piloti (uno più kawaii dell'altro) sfidarsi in spericolate gare di corsa, tra colline di gelato con tanto di ciliegina e vulcani di cioccolata. Vanellope dunque vuole gareggiare, ma non può farlo, in primo luogo perché non ha un kart ed in secondo luogo perché non le è permesso dagli altri personaggi del gioco. Vanellope è infatti un glitch, il che la rende una specie di appestata per la comunità di Sugar Rush, il che è anche uno dei motivi che l'hanno portata a sviluppare una personalità così cinica ed irriverente di cui il povero Ralph dovrà fare spese. Dopo che l'improbabile duo riuscirà a costruire un kart per la giovane pilota ed in seguito a una serie di peripezie che non sto a raccontarvi, Vanellope riuscirà a partecipare alla tanto sognata gara e soprattutto a vincere, rivelandosi in quel momento per quello che è, ossia la Principessa di Sugar Rush, in poche parole la protagonista assoluta del gioco. Ci bastano pochi minuti per capire che Vanellope non ha alcuni interesse ad essere Principessa, come ho già scritto, la ragazzina vuole una cosa sola, correre, non le importa con quale titolo. Vanellope è una pilota con la corsa nel sangue, in grado di fare mangiare la polvere ai suoi avversari nonostante, anzi in alcuni casi persino grazie, al suo glitch. Un'amorevole, emancipata, imperfetta e tosta non Principessa.

2. Pocahontas (Pocahontas, 1995)

Forse sono di parte, perché è sempre stato uno dei miei preferiti, quindi se volete smentitemi pure, ma ritengo che la medaglia d'argento di questa classifica spetti decisamente a Pocahontas. Abbiamo visto modelli femminili forti, risoluti, spericolati, petulanti, goffi, imperfetti, intelligenti presi da pellicole più o meno riuscite, alcune veramente molto riuscite che possono essere preferite dai più a Pocahontas, che è comunque un film del rinascimento Disney, quindi tanto di cappello. In mezzo a tutte queste figure femminili, credo che l'indiana d'america abbia una potenza di spirito ed una forza interiore che non è eguagliata da nessuno in questa classifica, neanche dalla prima di questa lista. Analizziamone insieme le caratteristiche. Pocahontas è decisamente una donna emancipata ed indipendente. Innanzitutto è abituata a vivere da sola, è orfana di madre e suo padre, il capo del villaggio, è spesso costretto ad assentarsi per lunghi periodi, infatti proprio all'inizio del film, lo vediamo ritornare vittorioso da una lunga battaglia contro un clan nemico. Pocahontas, dunque, trascorre le sue giornate nella più totale libertà, pagaiando al fiume, tuffandosi da alti scogli (non capisco perché abbiamo tutti gridato alla rivoluzione davanti ad una Merida che scalava montagne, andava a cavallo e usava arco e frecce con mastria quando sette anni prima Pocahontas si arrampicava agilmente sugli alberi, nuotava nel fiume e correva tra le foreste, per altro il tutto a piedi nudi! Non ce l'ho con Merida sia ben chiaro, solo che non capisco tutto questo esaltarsi per un'emancipazione che era già stata presentata in precedenza sotto varie forme da altri personaggi prima di lei, con una storyline decisamente più interessante di quella della principessa scozzese che, devo confessare, non mi ha convinto molto), in compagnia di un ingordo orsetto lavatore e di un irascibile colibrì e, quando proprio sente il bisogno di compagnia umana, dell'amica più assennata Nakoma. Quando il padre le comunica che il più forte guerriero del villaggio ha appena chiesto la sua mano, la ragazza non è certo entusiasta, intendiamoci Kocoum, questo è il suo nome, non è un becero maschilista dello stampo di Gastone della Bella e la Bestia (uno dei primi uomini rifiutati da una Principessa Disney e guardandolo non possiamo certo biasimarla!), è un uomo forte, di poche parole, attraente che semplicemente a Pocahontas non piace (ma è così... serio) e direi che questo è un semplice ed ottimo motivo per non convolare a nozze con lui. L'uomo di cui si innamora la giovane indiana è invece John Smith, carismatico avventuriero inglese, che le parla di Londra e la affascina con i suoi racconti di terre lontane che la ragazza sogna di visitare. Ho detto affascina, sì, eppure nonostante questo Pocahontas rimane fiera delle sue origini e si oppone fermamente al concetto di "civilizzazione" mostratole da Smith. Il suo popolo ha tutto quello che gli serve, non ha alcun bisogno di essere civilizzato, non è un popolo di selvaggi, non deve imparare come vivere, anzi, forse sono i concittadini dell'inglese che dovrebbero, visto come hanno devastato in pochi giorni la terra di Pocahontas; è quanto gli spiega in una canzone. Pocahontas si innamora di John Smith, il loro è un amore vero e autentico, in quanto hanno avuto modo di fare quello che a molte principesse della prima generazione era precluso, conoscersi. Sono due persone che si sono conosciute e si sono innamorate, prendendo coscienza di quello che provano l'uno per l'altra nonostante le difficoltà di un'unione di quel tipo, specialmente in prossimità di una guerra. Già, la guerra, alla fine del film, come tutti sappiamo, si assiste alla preparazione di una battaglia tra visi pallidi e pellerossa. I primi spinti dallo spregiudicato Ratcliffe a vendicare la cattura di John Smith (accusato, ingiustamente, dell'omicidio di Kocoum, di cui in realtà si è macchiato il giovane Thomas) e i secondi decisi a giustiziare l'inglese per il motivo di cui sopra e ad iniziare una guerra contro gli invasori che vedono come demoni incapaci di alcuna umanità. In tutto questo, Pocahontas è colei che impedisce lo scoppiare di una guerra. Una donna. Il film non lascia spazio al dubbio, è Pocahontas a salvare l'amato John Smith da morte certa, e facendolo, salva molte più vite, affrontando il padre e mostrandogli l'irragionevolezza della carneficina che sta per avvenire. Il mite Powathan riconosce la saggezza della figlia e compie il suo volere, e così, grazie a Pocahontas, non solo John è salvo, ma anche il suo popolo e quello inglese.

1. Mulan (Mulan, 1998)
Siamo giunti alla fine di questa classifica con un prevedibilissimo primo posto assegnato a Mulan. C'è bisogno di commentare? Mulan è una vera e propria eroina. Non si limita a salvare l'oggetto del suo amore, non solo impedisce al padre di andare in guerra dove avrebbe senz'altro perso la vita, essendo ormai anziato e ferito, e neppure permette solo al suo plotone di vincere una battaglia contro gli Unni grazie ad una geniale intuizione (ricordate la scena della valanga?). Mulan salva addirittura l'intera Cina e l'Imperatore in persona si inchina al suo cospetto. Mulan a mio avviso a Merida fa le scarpe. Partiamo dall'inizio, questa giovane ragazza cinese vuole quello che ogni figlio desidera: rendere fieri di lei i propri genitori, o, per dirla come la direbbero nel film, portare onore alla propria famiglia, ma è il modo con cui si suppone che lo faccia, quello che sembra l'unico modo, che non la convince. Ricordate la canzone? C'è solo un modo in cui potrai dar gioia a tutte noi, un uomo purché sia di buona dinastia. Questo è il destino di Mulan, diventare la moglie perfetta per qualcun altro. Ciò renderebbe onore alla famiglia della ragazza, ma la renderebbe felice? E' quello che vuole? La risposta è no. Non è quella la vita che vuole, Mulan canta combattuta nel giardino di casa, ma lo so, questo ruolo non mi va, sono qui, ma se io facessi ciò che vorrei, i miei cari perderei. Non è difficile immaginare che quando Mulan fugge per arruolarsi nell'esercito non lo faccia, come in seguito confessa a Mushu, unicamente per salvare suo padre, pur rimanendo quella la ragione principale del coraggioso gesto (ricordiamoci che la pena per una donna che si arruola in un esercito di uomini è la morte), ma anche per sé stessa, per darsi prova del suo valore e vedere nel suo riflesso qualcuno che le assomigliasse davvero. Mulan è una giovane donna alla ricerca di sé stessa, nel trovarla, salva la Cina.

lunedì 11 novembre 2013

Trust (film 2010) e la cultura dello stupro

Oggi vi voglio parlare di un film.
Negli Stati Uniti, un paio di anni fa, c'è stato un boom di pellicole sull'argomento giovani ed internet, focalizzandosi nello specifico sui pericoli che il web può veicolare. Scrivo veicolare per un motivo preciso, ossia per introdurre una doverosa premessa: tutte le nefandezze che vengono compiute attraverso internet si possono benissimo compiere anche senza di esso, quindi la soluzione non è "togliamo internet ai ragazzi", non è lì che il mio articolo va a parare e nemmeno molti dei film sull'argomento. Internet, facebook, twitter, il defunto messenger e quant'altro sono mezzi, come la televisione, non sono né il male, né il bene, ma possono essere usati sia per compiere cattive azioni e trasformare la vita degli altri in un incubo che per compierne di giuste e facilitare la propria e l'altrui esistenza (ve lo dico da studentessa universitaria che invece di essere condannata a file chilometriche e corse ad ostacoli con altri sventurati per iscriversi ad una sessione di esami, può risolvere il tutto con un paio di click, comodamente spaparanzata sul divano; i miei genitori ai tempi loro ci avrebbero messo la firma). Il bullismo, la pedofilia e la violenza sessuale non sono causati da internet, sono solamente diffusi anche attraverso il web. Non cessano se spegnamo il computer, ci sono ancora sotto diverse forme, pericolosi allo stesso modo e finché non cambieremo la mentalità alla radice non cesseranno mai. Quindi, nonostante il rischio di cadere nello stereotipo del "si stava meglio quando si stava peggio", "i bei tempi andati", "un tempo le ragazzine potevano essere tenute sotto controllo" e altre delizie del genere sia sempre dietro l'angolo, secondo il mio modesto parere alcuni di questi film meritano di essere visti e di essere discussi. Come ad esempio Trust del 2010 e Cyberbully dell'anno successivo.
Fine della doverosa premessa.


In questo post prenderò in esame Trust, che avevo già visto qualche anno fa ma ho voluto rivedere questa mattina per fare un ripasso (se anche voi siete interessati sappiate che lo si può facilmente trovare su internet sia in inglese che in francese, purtroppo non sottotitolato). Guardatevi dal continuare la lettura se non volete rovinarvi la visione perché ci saranno parecchi spoiler, fra cui il finale della pellicola. Partiamo.
Protagonista del film è Annie Cameron, una ragazzina che ha appena compiuto quattordici anni e frequenta il liceo. Un'adolescente assolutamente ordinaria, con una famiglia di una normalità quasi banale, mamma, papà, fratello che va al college e sorellina. Come la maggiorparte delle ragazze ha una migliore amica e in questo momento della sua vita ha un obiettivo: entrare nella squadra di pallavolo della scuola, per cui si sta allenando duramente. In questo ritratto assolutamente quotidiano rientra anche internet che oggi per molti, soprattutto ragazzi, me compresa, appartiene alla vita di tutti i giorni. In particolare, Annie tascorre molto tempo a chattare, manda messaggi alle amiche prima di uscire di casa, riporta come procedono i suoi allenamenti, parla della scuola ecc... Io, che nel 2010 di anni ne avevo sedici, devo dire di aver conosciuto il mondo delle chat (guardato da molti come un novello girone infernale costellato di notifiche, x e kk) molto prima della nostra protagonista. Mi sono iscritta all'ormai defunto MSN messenger all'età di undici anni, creando il mio primo indirizzo mail. All'indomani della mia iscrizione i miei contatti erano tre, mio papà, mio cugino e mia sorella (con cui per altro non potevo chattare dal momento che non avevamo ancora un nostro computer e dovevamo condividere quello di casa) a cui si aggiunsero in seguito alcuni compagni di scuola, parentado vario ed i miei amici e solo mesi dopo mia mamma, che è sempre stata la meno tecnologica in famiglia. Quando gli argomenti di cui parlare scemavano, le nostre conversazioni, dopo il superamento del banale "cm stai?" e "cs fai?" alla fine viravano spesso su "ci scambiamo le emotikon?" e partiva così una serie sterminata di faccine, dal più classico smile sorridente ai due che si baciavano, a quello che mangiava la pasta, al criceto hamtaro (vi giuro c'era!), all'areoplano, alla faccina con gli occhioni imploranti (la mia preferita). Le emotikon erano per me delle figurine virtuali, andavano collezionate il più possibile in un album che non sarebbe finito mai e, ancora meglio, gratuito. Le adoravo. Torniamo ad Annie, da ragazza abituata ad usare internet tutti i giorni, il lettore immaginerà la sua gioia quando il giorno del suo compleanno le viene regalato un computer tutto per lei. Capiamo subito che Annie usa internet alla luce del sole, senza bisogno di nascondere nulla ai suoi genitori, che sono proprio coloro che le regalano il laptop. Il padre le chiede spesso incruiosito cosa significhino i vari LOL e OMG che si scambia con gli amici, senza sprezzo o desolazione, ma candidamente, al massimo con qualche risatina. La presenza di internet nella vita della figlia non è percepita come sinistra o pericolosa, ma naturale. Nessuno rimprovera Annie perché sta troppo al computer, né la ragazza trascura la sua vita reale per quella virtuale. Non si chiude in camera ventiquattro ore su ventiquattro a chattare, il web non è il fine della sua esistenza, ma semplicemente un mezzo di comunicazione come il telefono qualche decennio fa. Come ho già detto ha i suoi amici, balla con la sorellina per la camera, fa sport, studia e chatta. Nella tranquillità e nella normalità più totale.
In una chat room, Annie conosce Charlie, un ragazzo di sedici anni. I due iniziano una relazione virtuale, parlano della loro famiglia, delle loro passioni, della scuola e si scambiano delle foto. Proprio in procinto di mandare la sua, Charlie confessa ad Annie di non avere sedici anni, ma venti e di averle nascosto l'età perché non voleva che lei lo ritenesse un "maestrino", dal momento che gioca nella squadra di pallavolo del college e le ha dato consigli su come migliorare la sua tecnica. Annie rimane turbata dalla rivelazione, ma la relazione fra i due continua, complice il fatto che finalmente Charlie le ha mandato una sua fotografia durante una partita. I giorni passano, Annie riesce ad entrare nella squadra di pallavolo della scuola e festeggia la bella notizia con i genitori e con Charlie stesso, avvisato prontamente con un messaggio. La ragazza sente di provare qualcosa per lui ed ha tutte le ragioni per credersi ricambiata, visto l'interesse del ragazzo nei suoi confronti, i complimenti e il desiderio da lui espresso di potersi, magari in futuro, incontrare. Una sera, mentre i genitori di Annie si stanno preparando per accompagnare il figlio maggiore al college, Charlie fa una seconda confessione, non ha vent'anni, bensì venticinque. Questa volta Annie è scossa dalla rivelazione e pretende delle spiegazioni, chiedendogli per quale motivo lui continui a mentirle. Per calmarla, il ragazzo la chiama al telefono ed i due hanno una lunga conversazione, dopo la quale Annie si sente rassicurata e decide di chiudere un occhio sulla differenza di età, soprattutto perché Charlie le confessa di essere seriamente interessato a lei e di considerarla uno spirito affine, la sua anima gemella. Accade così che il giorno della partenza del fratello di Annie per il college, Charlie le manda un messaggio dicendole che si trova a Chicago e che vorrebbe incontrarla al centro commerciale. L'invito coglie la ragazza alla sprovvista, che però, emozionata, decide di accettare e si dirige al luogo prefissato. A questo punto avviene quello che forse molti tra voi avranno già ipotizzato. A presentarsi all'appuntamento non è un venticinquenne, ma un uomo di mezza età che dice di essere Charlie. "E' una specie di scherzo?" è quanto riesce a dire una Annie sconvolta mentre tenta di trattenere le lacrime, ma purtroppo non è uno scherzo. Il ragazzo che diceva di essere Charlie e con cui Annie ha conversato amabilmente per due mesi fino ad innamorarsi di lui, non è un ragazzo, bensì un uomo che le intima di non rattristarsi e di lasciare perdere "questa cosa dell'età" perché in fondo "sono la stessa persona con cui hai parlato per questi due mesi" e il motivo per cui ha continuato a mentire e si è spacciato per un ragazzino era che "temevo che tu non fossi abbastanza matura per una relazione di questo genere". Insomma, il meccanismo del victim blaming il pedofilo lo conosce benissimo, nel tessere la trappola per la sua vittima, finge di essere lui quello fragile e quasi ferito dalla reazione di Annie una volta scoperta la sua età e, facendo leva sulla convinzione della ragazza di essere unica e speciale per lui e di aver fatto veramente breccia nel suo cuore, la persuade a concedergli un pomeriggio e i due fanno un giro nel centro commerciale, dove, tra le altre cose, vengono visti da Britney, la migliore amica della protagonista. Durante tutto l'appuntamento vediamo Annie visibilmente a disagio, la ragazza è scioccata di avere davanti a sé un uomo che potrebbe essere suo padre e ancora di più lo è dal fatto di essersi infatuata di lui o almeno delle sue belle parole e, tra risatine stentate e imbarazzanti silenzi, il pomeriggio trascorre. L'incubo, però, è appena iniziato. Infatti Charlie esorta la bambina a salire in macchina con lui, dove le porge un regalo che  ha comprato per lei: un completino intimo di pizzo rosso. In seguito, porta la ragazza in un motel e la persuade a provarsi il completino. Sotto lo sguardo famelico dell'uomo e protetta solo da pochi centimetri di pizzo scarlatto, Annie è ormai decisa a volersi tirare fuori da quella situazione e, dopo un paio di secondi in lingerie, fa per rimettersi i vestiti, ma è fermata da Charlie che le intima di avvicinarsi affinché possa ammirarla meglio, complimentandosi per il fisico. I due sono seduti sul letto e a un certo punto Charlie mette le mani addosso alla ragazza, inizia a toccarla, in maniera decisa, e in pochi attimi le è sopra. L'immagine sfoca ma noi sappiamo benissimo quello che è successo, Charlie ed Annie hanno fatto sesso, o meglio, Charlie ha violentato Annie.
Quello a cui ci troviamo davanti è uno stupro in piena regola, ma come diceva Franca Rame: "Ancora oggi, proprio per l’imbecille mentalità corrente, una donna convince veramente di aver subito violenza carnale contro la sua volontà, se ha la “fortuna” di presentarsi alle autorità competenti pestata e sanguinante, se si presenta morta è meglio! Un cadavere con segni di stupro e sevizie dà più garanzie."  Annie non ha segni di violenza fisica, non ha subito percosse, non è stata picchiata, non ha lividi, non perde sangue, ma noi spettatori sappiamo che ha subito violenza, perché sappiamo che lei non voleva fare sesso con quell'uomo, ma vi è stata costretta, dalla sua sicurezza, dalle sue menzogne, da una tela architettata in due mesi di inganni da cui la quattordicenne non può più liberarsi. Dopo lo stupro, vediamo Annie tornare alla vita di sempre, solo che lei non è più la ragazza di sempre, è una ragazza che è stata violentata, ma che non è in grado di ammetterlo neanche a sé stessa, figuriamoci di dirlo a terzi. Ogni suo minuto libero è dedicato alla ricerca di Charlie, perché il suo stupratore, dopo il pomeriggio al centro commerciale, non si è più fatto risentire, e Annie, che ancora non riesce e non vuole credere di essere stata raggirata si aggrappa, alle flebili speranze di significare qualcosa per quell'uomo, di essere la sua anima gemella. Sono strazianti le scene in cui Annie piange al telefono implorando il suo carnefice di richiamarla. In tutto questo, Britney si rende conto che l'uomo con cui aveva visto l'amica al centro commerciale era proprio il Charlie di cui le aveva tanto parlato ed intuisce che i due hanno fatto sesso, così riferisce l'accaduto alla Preside del liceo. La donna fa chiamare subito la polizia ed Annie viene portata a casa da una voltante sotto gli sguardi incuriositi dei compagni di classe. Una volta capito perché gli agenti sono venuti a prenderla, la ragazza rivela ai suoi genitori la vera etaà di Charlie (Annie, infatti, quando ancora credeva che l'uomo fosse un liceale non ne aveva tenuta nascosta ai genitori l'esistenza) e confessa di aver avuto un rapporto sessuale con lui.
La notizia che la loro bambina è stata violentata devasta, com'è intuibile, i genitori e il film si focalizza principalmente sulla reazione del padre. Quest'uomo che, la pellicola lascia intendere, ha sempre avuto un ottimo rapporto con la figlia e con il resto della prole, non riesce a capacitarsi che sua figlia sia stata stuprata, né che non riesca ad ammettere la violenza. Will Cameron, questo il nome dell'uomo, inorridisce nel vedere come Annie sia ancora, in un certo modo, attratta dal suo carnefice e fatichi a rendersi conto che tutte le sue parole, tutte le sue attenzioni siano state solo menzogne. Due mesi di conversazioni sono difficili da cancellare. Nella notte, il padre di Annie è straziato dalle immagini della figlia, la vede violentata da un bruto, alcolizzato, stuprata mentre grida  nel terrore il suo nome, implora "papa', aiutami". L'ossessione del fare giustizia e scovare lo stupratore della figlia diventa tale da alienarlo dalla sua famiglia e dalla sua stessa bambina che, aiutata da una valida psicologa, vuole cercare di superare quanto accaduto e reintegrarsi fra i suoi coetanei, tornando alla vita di prima. La sua ossessione per il carnefice, in parole povere, non gli permette di aiutare veramente la figlia.
Quello che è, secondo me, brillante del personaggio di Will Cameron, interpretato da un convincente Clive Owen, è come lo stupro subito dalla figlia gli faccia vedere in una luce tutta nuova la società in cui vive. Una luce agghiacciante che illumina la mercificazione quotidiana dei corpi, soprattutto femminili, soprattutto giovani, molto giovani. Will Cameron è un uomo che, durante il film, scopre la cultura dello stupro che permea la nostra società. Da pubblicitario, infatti, vede in maniera del tutto nuova le immagini che promuovono una nota marca di vestiti, approvate da lui stesso solo qualche settimana prima. Adesso, quei corpi di ragazze giovanissime in pose provocanti, senza quasi nulla addosso, invitanti, sensuali, che "fanno sesso" nel vero senso della parola, lo atterriscono e lo inquietano. In loro rivede sua figlia e si domanda se non sia sbagliato che dei corpi così giovani siano denudati ed appesi per le citta', esposti agli sguardi di chiunque. Si chiede se non ci sia qualcosa di profodamente malsano nel fatto che corpi adolescenziali, ancora acerbi, siano truccati ed abbigliati per suscitare desiderio in uomini adulti e maturi, in uomini come lo stupratore di sua figlia, ma, questo è ciò che più lo spaventa, anche in se' stesso. Will scopre passo dopo passo le grandi contraddizioni che permeano il mondo in cui vive, a partire dal suo stesso lavoro, da un lato la criminalizzazione della pedofilia, il disgusto conclamato che tutti provano per il violentatore della figlia e dall'altro immagini che suggeriscono la violenza sessuale, che mostrano corpi femminili disponibili e sessualizzati, corpi di adolescenti, poco più che bambine.
Questa cultura forse non incita allo stupro? Chi è lo stupratore? Un reietto, uno scarto della società, un individuo con problemi a relazionarsi con l'altro o un insospettabile padre di famiglia? Chi è il mostro che ha stuprato Annie? Per ottenere finalmente una risposta, là dove la polizia continua a fallire, Will decide di assoldate un detective privato che gli fornisce un elenco di uomini fermati precedentemente per molestie sessuali nel New Jersey. Durante una partita di pallavolo della ragazza, qualche giorno dopo, Will riconosce uno degli uomini nella lista mentre scattando all'impazzata foto alle ragazzine. Inferocito, si avventa contro il fotografo e lo assale, creando lo scompiglio fra le tribune fino a quando una ragazza, inorridita e spaventata, grida che l'uomo stava scattando foto alla partita perché è suo padre. Un padre che è stato fermato per molestie sessuali. Ovviamente questo la figlia non lo sa. E poiché il padre ci tiene a non farglielo scoprire, decide di non denunciare Will per l'aggressione in cambio del suo silenzio. Quell'uomo non è uno stupratore dunque, non lo stupratore di Annie almeno. Quell'uomo è stato denunciato per molestie sessuali, una persona insospettabile, un padre di famiglia appunto, e dietro a quanti altri padri di famiglia si celano stupratori, molestatori, sfruttatori? Il film pone continuamente la stessa domanda "di chi ci possiamo fidare?". Sembra proprio di nessuno. Chiunque può essere un mostro.
Altro argomento su cui il film ci impone una riflessione: cos'è lo stupro nella mentalità comune? Di certo quello che ha subito Annie per molti non è stupro o forse non è abbastanza stupro, del resto Annie ha seguito Charlie volontariamente nel motel, non ci è stata trascinata per i capelli, come sembra suggerire il capo di Will, quando, saputo dell'accaduto commenta con un "sarebbe potuto essere molto peggio". Così la pensano anche molti ragazzi a scuola che creano un manifesto, su internet, raffigurante Annie in pose provocanti, nuda su un letto ed un uomo dietro. Sopra di lei campeggiano scritte eloquente "non è stata stuprata", "lo voleva". Quando Annie si trova di fronte a questa immagine, il fardello che sta portando sulle spalle diventa veramente troppo pesante e la ragazza tenta il suicidio. Verrà salvata dal padre.
Annie non riuscirà ad ammettere di essere stata violentata fino a che non le saranno mostrate le foto delle altre vittime di "Charlie", solo allora capirà una volta per tutte che l'uomo non era innamorato di lei ed accetterà di essere stata raggirata e stuprata. Di essere una vittima.
Senza tenervi troppo sulle spine, vi rivelo che il film non ha un lieto fine. Li ricordate i due principali ingredienti del lieto fine, no? Il trionfo del bene e la punizione del malvagio. Non possiamo certo dire che ci sia un trionfo del bene. Annie e suo padre si riconciliano, è vero, l'uomo ne impedisce il tentato suicidio e la famiglia ricopre la figlia di affetto, di supporto. Lo spettatore può ben sperare che la ragazza riuscirà a superare il trauma che ha subito. Piano, certamente, ma riuscirà. La società però non è cambiata, i cartelloni pubblicitari con ragazzine sessualizzate e disponibili ci sono ancora, basta uscire di casa, e così anche gli uomini come il datore di lavoro di Will, il collega che ammicca alla cameriera chiedendole se "c'è anche lei sul menu'", tutti coloro per cui Annie non è stata veramente stuprata, ma lo voleva, perchè in fondo ha seguito Charlie nel motel, no? Non si stava dimenando, non ha gridato aiuto, non ha neanche un graffio. E sappiamo che per la mentalità comune se non c'è livido non è stupro.
Non abbiamo nemmeno la punizione del malvagio agognata da molti, perche' "Charlie" non si riesce a trovare, o almeno, la polizia non riesce a trovarlo, lo spettatore sì. Se lo ritrova davanti, suo malgrado alla fine del film
Veniamo infatti a sapere che il vero nome di Charlie è Graham Weston. Un uomo sposato, con un figlio e una gratificante carriera di professore di fisica in un prestigioso liceo. Nell'ultima scena viene fermato da uno dei suoi studenti che gli presenta entusiasta la sua famiglia, mentre il bambino di Weston, orgoglioso, riprende la scena con la videocamera.

domenica 3 novembre 2013

Andiamo a Legoland!

Chi di noi non ha mai giocato con i Lego? 
Devo essere sincera io non ne avevo un numero spropositato, credo di aver posseduto solamente due piccole scatole dei mattoncini più famosi del mondo che, se assemblate, formavano due casette con i rispettivi proprietari, un bambino ed una bambina (il fatto che il primo fosse un maschio e la seconda una femmina era intuibile solamente dal fiore nei capelli di quest'ultima) da assemblare anche loro, dalla "carnagione" del tipico giallo Lego. Io e mia sorella ci abbiamo giocato fino alla nausea. Se ricordo bene i mattoncini erano rossi, gialli, bianchi, verdi e blu, forse c'era pure un po' di nero. Niente astronavi, né castelli medioevali o navi pirati da duemila pezzi, un'ambientazione molto più tranquilla. Tempo fa, ho sentito di alcuni donne che raccontavano di essere state prese in giro da bambine perché giocavano con i Lego, considerati giochi esclusivamente da maschi. Fortunatamente non ricordo di avere mai subito prese in giro di questo tipo, come ho già detto sia io che mia sorella abbiamo sempre giocato con i Lego e nessuno ci ha mai trovato nulla da ridire. Forse sono stata fortunata, forse conta anche il fatto che le donne in questione sono più grande di me ed io sono abbastanza convinta che oggi una bambina che gioca con giocattoli da maschio sia generalmente più accettata di quanto potesse esserlo trenta anni fa. Comunque, continuiamo a parlare di Lego.
I mattoncini si sono decisamente evoluti rispetto a 10/15 anni fa, tra i personaggi, oltre ai sempiterni omini gialli che conosciamo tutti, si sono aggiunti i supereroi più famosi della Marvel e della DComics, quelli di guerre stellari e addirittura alcuni personaggi biblici. Tra tutte queste novità ha fatto molto parlare una linea pensata prevalentemente per le bambine che si chiama LegoFriends.
Io avevo letto due articoli su questa linea, uno di un altro genere di comunicazione e un altro di una nota scrittrice cattolica che suggerisce alle donne di tornare sottomesse e che alle critiche mosse dalle femministe ai famosi mattoncini rispondeva così "evidentemente alle femmine piaccioni i giochi da femmine ed ai maschi piacciono i giochi da maschi". Mi piacerebbe commentare il suo articolo e non escludo che un giorno lo farò, ma adesso mi preme parlare di queste famigerate LegoFriends. Cosa sono mai?
Le LegoFriennds sono una linea dei famosi mattoncini pensati appunto per le bambine. Protagoniste di questa linea sono cinque amichette di plastica: Olivia, Andrea, Stephanie, Mia ed Emma. Vengono vendute separatamente (eccezion fatta per le costruzioni più grandi dove si possono trovare a due a due o tutte insieme) assieme alle loro costruzioni. Tra queste ci sono: la scuola, la casa, il parco, il maneggio, la pasticceria, la clinica veterinaria, il salone di bellezza, il campo da calcio, la palestra di karate, la macchina, il jet, lo yacht, il boschetto ecc... Insomma le costruzioni ricalcano quelli che dovrebbero essere, nell'immaginario comune, i luoghi di interesse di giovanissime teenagers, la scuola, la casa, la spiaggia e i vari sport ed hobbies. Fin qui, sembra una linea assolutamente innocua ed anche divertente, che cosa dunque non ha convinto le blogger di UADG oltre a moltissime femministe, persino oltreoceano?
Innanzitutto il fatto che la Lego abbia dovuto creare una linea di prodotti esclusivamente per le femmine. Certo, non c'è scritto sulla scatola SOLORAGAZZE, ma dal momento che i personaggi usati sono soltanto femmine (ho guardato tutti i prodotti e non ho visto un uomo, che fosse uno neanche tra i personaggi di sfondo, insegnanti, veterinarie, cavallerizze, sono tutte donne, al massimo ci sono degli animali) e vista l'onnipresenza del rosa (sono davvero pochissimi le costruzioni della linea dove non è il colore predominante) si può ben intuire che il target non sia maschile. Insomma, giustamente ci si chiede perché le bambine non possano giocare con gli stessi mattoncini dei coetanei maschi. La nave pirata, l'astronave, la miniera abbandonata per loro non vanno bene? A che scopo sostituirli con altri pezzi più frivoli e casalinghi?
Tra le critiche ne spicca anche una da cui, personalmente, mi dissocio, ossia la presunta sessualizzazione delle cinque amiche di plastica. Chiariamoci, la sessualizzazione dei giocattoli esiste ed è sconcertante. Vi ricordate le Bratz? Che tra l'altro tradotto significa "ragazzacce" o "monelline". Non so se esistano ancora, ma io, che avevo pure quelle (una), tra i miei giocattoli, devo dire che adesso le trovo a dir poco impressionanti. Espressioni ammiccanti, labbrone siliconate, vita strettissima, vestitini sexy, gambe chilometriche e vogliamo parlare delle loro versioni gothic, le Monster High? Questi sono giocattoli sessualizzati, le legofriends no (per chi fosse curioso, eccole qui). Le loro versioni giocattolo poi, sono ancora più "innocue", un accenno di seno da undicenni, gonne fino al ginocchio e pantaloni fino alla caviglia, canottierine colorate e un simpatico sorrisetto a U, insomma, guardate di nuovo le Bratz e poi venitemi a parlare di sessualizzazione del giocattolo.
Quindi mi piacciono le Legofriends? In realtà non particolarmente, ma credo che il problema non sia loro, quanto piuttosto delle altre linee della Lego, ma ci arriviamo.
Altra critica rivolta alla nuova linea, che questa volta condivido pienamente: le sue costruzioni sono più facili, hanno meno pezzi e generalmente più grandi. Non c'è bisogno di commentare. Perchè una bambina di sei anni deve essere ritenuta più incapace a costruire di un bambino di sei anni e dunque essere facilitata? Se compro il Lego a mia figlia di sette anni evidentemente è perché le piace costruire, se la costruzione della sua scatola è allo stesso livello di quella del fratellino di cinque anni allora qualcosa non funziona. Su questo non ci piove.
Quindi, tirando le somme: le cinque amichette di plastica vengono accusate di essere sessualizzate, frivole e di avere costruzioni facilitate. Il che ha fatto loro guadagnare la nomination a giocattolo sessista dell'anno.
Ora, questo è quello che penso io. Io penso che la discriminazione non stia tanto nelle LegoFriends ma in tutte le altre linee della Lego. Le LegoFriends riproducono il microcosmo di un gruppo di ragazzine, come ho già detto. Le loro costruzioni rappresentano luoghi ed ambienti conosciuti da giovani liceali, la scuola, soprattutto, poi la camera da letto, gli sport, gli eventuali lavori che possono interessare delle giovani (e magari svolgere part-time), da pasticcera a veterinaria. E' ovvio che non ci sia la nave pirata o la piramide egizia, non c'entra con il contesto. Sarebbe come se un'associazione ambientalista si lamentasse con la Lego perché nella linea LegoCity non ci sono costruzioni di foreste. Cosa c'entrano cinque ragazzine occidentali, moderne con un vascello di pirati settecenteschi? Non voglio nemmeno questionare se sia più divertente giocare all'astronave aliena o al maneggio, non è questo il punto, non credo che ci sia un gioco migliore dell'altro. Siamo sempre lì, ognuno deve essere lasciato libero di scegliere la costruzione che preferisce. L'unica cosa che critico di questa linea, oltre alla facilità delle costruzioni e dell'onnipresenza del rosa (ci sono molti altri bei colori), è la scelta dell'età dei personaggi che sembrano essere giovani liceali. Ecco, non capisco perché mentre i bambini (maschi) giocano con personaggi adulti o più generalmente senza età, per le bambine vengono prodotti giocattoli che raffigurano quasi sempre ragazzine del liceo. Mi sembra un po' fuoriluogo che delle bambine si identifichino costantemente in ragazzine di quattordici anni, che logicamente fanno e pensano come quattordicenni e non come seienni e frequentano posti che una bambina delle elementari di solito non sa nemmeno dove stiano di casa (vedi il centro estetico). Come mai la LegoFriends non ha prodotto una linea di amiche di dieci anni? Con luoghi adatti alla loro età? Non voglio fare una nostalgica dei bei tempi andati, perché lo detesto, però ricordo che da piccola io avevo le Polly pocket, quattro minuscole amichette (erano grandi 4/5 cm) che avevano le sembianze di bimbe della mia età e frequentavano luoghi da bimbe, come il parco giochi, la gelateria, il luna park. Per il resto, io non vedo nelle LegoFriends una linea così frivola e pericolosa come è stata dipinta, anzi mi ha colpito positivamente il fatto che due delle cinque amichette pratichino rispettivamente il karate e il calcio, dal momento che specie quest'ultimo e considerato off-limits per le bambine.
Cosa è che mi dà fastidio allora? Come ho già detto, quello che mi infastidisce sono i prodotti delle altre linee, dove non ci sono personaggi femminili. Ho controllato e tranne che in pochissimi casi pirati, supereroi, astronauti e cavalieri sono solo maschi, non ci sono donne. Lo dico per l'ennesima volta, sono per la libera scelta, se una bambina se ne infischia del Lego della foresta amazzonica e vuole il Lego con la pasticceria non ci vedo nulla di terrificante, ma che sia davvero libera, questa scelta! Se vogliamo che una bambina possa veramente scegliere tra il centro estetico e la nave pirata dobbiamo darle la possibilità di farlo. Se su cinque personaggi che popolano la JollyRoger, tutti e cinque sono maschi, non è probabile che la bambina pensi che la costruzione è infirizzata ai maschi, soprattutto se vicina ce n'è una con cinque sorridenti ragazzine? Insomma, nella nave pirata Lego ce la volete mettere una piratessa? Nella linea Lego Castle, che riproduce le avventure dei cavalieri medievali, perché non c'è nemmeno una imperatrice o anche una principessa o una cavaliera o una potente maga? Vogliamo parlare dei protagonisti di Heroica, linea ambientata in un mondo fantasy alla tolkien? Tutti uomini Star Wars? Non brillerà certo per le figure femminili, ma mi aspettavo almeno un pupazzetto della principessa Leila. Parliamo poi della linea Legocity, che appunto, dovrebbe rappresentare una città, con tanto di porto, municipio, stazione della polizia, guardia costiera e vigili del fuoco. Vi sembra che io abbia trovato anche solo una poliziotta? Una vigilessa del fuoco? Una camionista? Una guidatrice di elicotteri? Una sindachessa? Nulla, tutti i personaggi erano rigorosamente maschi. Evidentemente nella città dei Lego le donne non ci sono o sono segregate in casa. Eccolo il problema, sta qui, non nelle LegoFriends. A me va bene che ci siano queste ragazzine con la scuola, la pasticceria, il parco e quant'altro, però mi fa arrabbiare che le bambine siano escluse da tutto il resto, da avventure meno casalinghe e più fantasiose, ambientate in terre lontane ed esotiche. Poi ovvio, non c'è nessuno che impedisce alle bambine di giocare con il cavaliere (maschio), ma la presenza di personaggi donne danno un chiaro messaggio, ossia che il giocattolo in questione è rivolto sia a bambini che bambine e che le donne possono benissimo essere cavalieri, pistolere, piratesse e co. non devono fingersi uomini per farlo, ma possono essere sé stesse. Leggendo la trama di Chima, saga epica ideata sempre dalla Lego, ambientata in un mondo di animali guerrieri antropomorfi, mi è quasi venuta voglia di comprare una scatola e di giocarci, io, una ragazza di diciannove anni! E' possibile che tra leoni con sciabole e coccodrilli con alabarde non ci sia neppure una leonessa? Nella serie LegoGalaxy, ambientata, come è intuibile, nello spazio ci sono in totale cinque personaggi e quattro robot, di questi solo uno è una donna. Visto che i componenti sono suddivisi in quattro team che cosa costa mettere un membro femminile per squadra? Nella linea Ninjago i guerrieri sono sette e di donne ce n'è una sola, una ninja forte, atletica ed abile, ma una. Parliamo poi di alcuni personaggi femminili in cui mi sono imbattuta: la nonna, la cameriera, la moglie del vampiro (ecco anche lì, perché troviamo sempre il vampiro e la moglie del vampiro e non il vampiro e la vampira o la vampira e il marito della vampira?), la sposa dello zombie, la signora robot "appassionata di feste, capace di ballare per 24ore filate". Insomma, pensate ancora che il problema siano le LegoFriends o forse ci vorrebbero più personaggi femminili nelle altre linee della Lego che esulino dai soliti canoni? Certo, ci sono delle eccezioni, come la cacciatrice di mostri con tanto di cicatrice provocata dall'artiglio di una strega, o la scienziata o l'antropologa stile Tomb Rider della linea Pharaon Quest, ma appunto, sono eccezioni.
Sarà il caso di istituire le quote rosa nei Lego?